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Le confezioni si fanno più piccole e il contenuto diventa più leggero, ma il prezzo non scende. Da un punto vendita all'altro cambiano i formati dei prodotti e la spesa aumenta. Si chiama shrinkflation ed è un fenomeno a cui fare attenzione tra gli scaffali dei supermercati. Grazie alla community degli ACmakers siamo riusciti a fare luce su questa tendenza su cui indaga ora anche l'Antitrust. Dai biscotti al detergente per i piatti, dal caffè al detersivo per il bucato: vediamo come funziona, i casi più comuni e come difendersi.
Il fenomeno è piuttosto evidente sui prodotti che acquistiamo abitualmente: le confezioni si fanno più piccole e il peso del contenuto si fa più leggero. Il prezzo, però, non segue sempre la stessa logica. Spesso è più facile accorgersi anche di piccole variazioni di formato e di quantità se si tratta di prodotti che acquistiamo di frequente oppure che fanno già parte della nostra spesa abituale. Eppure in tantissimi casi questi cambiamenti rischiano di passare inosservati, almeno fino quando non si arriva in cassa e si scopre che lo stesso prodotto, oltre a essersi "ristretto" spesso costa anche di più. Si chiama shrinkflation ed è il fenomeno che, in un periodo storico in cui si deve fare i conti col caro-vita e con i rincari dei prodotti alimentari, rischia di disorientare il consumatore e di alleggerire ulteriormente le sue tasche.
Il neologismo shrinkflation (in italiano "sgrammatura") deriva dall'unione di due termini inglesi: il verbo "to shrink", ovvero restringere, e il termine "inflation" (inflazione), ovvero la crescita generale dei prezzi. Si tratta di un fenomeno che si osserva ormai da anni e che consiste nella tendenza dei produttori a ridurre la quantità di prodotto all'interno delle confezioni, mantenendo però il prezzo sostanzialmente invariato. In altri casi, invece, il prezzo della confezione subisce, seppur in misura limitata, un aumento a fronte della riduzione del suo contenuto. È uno stratagemma che viene utilizzato per aumentare i prezzi in maniera poco trasparente, senza che un consumatore poco attento se ne accorga.
Come riconoscere i prodotti oggetto di shrinkflation? Difficile dare una risposta netta anche perché, è bene precisarlo, parliamo di un fenomeno complesso che ha diverse declinazioni. Grazie alla collaborazione della community degli ACmakers, il progetto che permette di partecipare in prima persona ai nostri test e sondaggi, abbiamo raccolto diversi casi che ci hanno aiutato a fare luce sul fenomeno.
Tra i prodotti più segnalati dalla community troviamo le confezioni di Philadelphia light (passate da 200 a 190 grammi), di Krumiri Bistefani (da 300 a 290 grammi), di detersivo per i piatti Nielsen (da 1 litro a 900 ml) e di fazzoletti usa e getta, il cui contenuto in ogni singolo pacchetto è passato in molti casi da 10 a 9 fazzoletti. Attenzione, però, perché non tutte le riduzioni dei formati sono uguali e, paradossalmente, in alcuni casi potrebbero anche essere valutate in maniera positiva. È il caso del tonno in scatola la cui riduzione di peso ha spesso interessato il solo contenuto di olio, mantenendo lo stesso quantitativo di pesce sgocciolato.
I millilitri di detersivo piatti Nielsen in origine erano 1.000 (quindi un litro), una confezione di prodotto era sul mercato a un prezzo di 1,30 euro. Ora, oltre ad aver diminuito la quantità di detersivo (900 ml), il prezzo della confezione ha subito un rincaro di 0,20 euro. A conti fatti, il prezzo al litro è lievitato di 0,37 centesimi, per acquistare lo stesso flacone, perciò, ora spendiamo il 23,5% in più.
Anche i Krumiri Bistefani sono stati vittima di questo stratagemma. Il prezzo a confezione è rimasto invariato (1,80 euro), peccato che la confezione si sia alleggerita di 10 grammi. In questo modo, per acquistare la stessa confezione di biscotti ora spendiamo il 3,4% al chilo in più.
Il tema è piuttosto caldo e di recente anche l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un'istruttoria per verificare che le strategie adottate dai produttori non possano costituire una pratica commerciale scorretta e violare così il Codice del Consumo. L'Antitrust accerterà la trasparenza di queste modifiche che, se non corredate da un'etichetta esplicativa, saranno oggetto di un approfondimento. In attesa di capire quali saranno le decisioni dell'Autorità, Altroconsumo continuerà a vigilare sui nuovi possibili casi di shrinkflation tra gli scaffali dei supermercati.
Grazie alla partecipazione della community degli ACmakers siamo riusciti a raccogliere anche altri casi di pratiche messe in atto dai produttori. Non possiamo definirle come esempi di vera e propria shrinkflation, ma sono la dimostrazione di come possa essere sempre più difficile fare scelte consapevoli quando si va a fare la spesa. Vediamo i casi più comuni tra gli scaffali.
Nel primo caso rientrano le strategie commerciali delle marche che immettono sul mercato il formulazioni speciali o ricette premium, riducendone il contenuto rispetto alla versione classica. Con questa strategia, il produttore riesce a mantenere il prezzo della confezione in linea con quello standard, garantendosi così una platea di acquirenti potenzialmente più vasta, pur commercializzando confezioni con quantità di prodotto inferiori.
Uno degli esempi più lampanti è quello delle Gocciole, popolarissimi biscotti per la prima colazione a marchio Pavesi. Il prodotto con gli anni si è evoluto, proponendo diverse alternative: al cocco, caramello, wild o extradark. Fin qui niente di strano, se non la volontà di fornire al consumatore una variante di prodotto. Peccato che, una volta arrivati in cassa, si debba fare i conti con confezioni che apparentemente sono molto simili tra loro per dimensione, ma sono profondamente diverse nel contenuto e nel prezzo. Se scelgo una confezione di Gocciole Caramel (300 g) il rischio è di spendere fino al 116% in più rispetto alla ricetta classica (500 grammi), pagando i biscotti nella variante al caramello oltre 9 euro al chilo, con 200 grammi di biscotti in meno.
A essere stato fagocitate dalla tendenza di mettere in commercio prodotti speciali dello stesso marchio, puntando su una quantità ridotta, non sono solo le Gocciole. Oltre al caso dei biscotti, i nostri ACmakers hanno segnalato anche il caso di Barilla. A titolo di esempio, prendiamo un pacco di fusilli: una confezione del formato standard da 500 grammi per la linea classica costa 0,99 euro e una di quelli integrali costa 1,29 euro. Se invece si sceglie la nuova linea "Al bronzo" con lavorazione grezza, sugli scaffali è possibile trovare solo confezioni da 400 grammi (100 grammi in meno rispetto ai fusilli classici o integrali) al prezzo di 1,35 euro.
Quelli delle Gocciole Pavesi e di Barilla non sono gli unici esempi: ecco gli altri casi raccolti:
Se mettiamo a confronto queste due versioni di Caffè Splendid, salta subito all'occhio una differenza di formato che incide anche sul prezzo finale. La confezione di caffè Classico Aroma Intenso è composta da due pacchi di caffè da 250 grammi ognuno ed è venduta a un prezzo di 5,10 euro. Nella versione Espresso, però, si perdono 50 grammi di prodotto: in questo caso la confezione è infatti composta da due pacchi da 225 grammi ognuno ed è venduta a un prezzo di 5,49 euro. Con un prezzo al chilo che lievita così di 2 euro, Splendid Espresso costa quasi il 20% in più rispetto alla versione Classico Aroma Intenso.
Le confezioni dei biscotti Galbusera Turco e Più Integrali risultano, almeno alla vista, piuttosto simili. Anche in questo caso, però, le differenze ci sono eccome. Acquistare una confezione di Galbusera Turco (400 g) ci costa 1,97 euro, con un prezzo al chilo di 4,94 euro. Se, invece, scegliessimo i Più Integrali dovremmo mettere in conto una spesa più cara del 46%. Le confezioni sono infatti disponibili solo in formato da 330 grammi (-70 g rispetto ai Turco) a un prezzo di 2,37 euro. Il prezzo al chilo raggiunge così i 7,18 euro.
Un caso piuttosto simile a quanto avviene con i biscotti Turco e Più Integrali, è quello dei prodotti della linea Galbusera Magretti. Come è evidente dall'immagine, la versione con orzo e mais è in vendita in confezioni da 350 grammi a un prezzo di 2,07 euro. Scegliendo invece l'alternativa con gocce di cioccolato, la confezione si restringe di 90 grammi, ma il prezzo al chilo sale fino a superare i 7 euro. Con un prezzo a confezione di 1,82 euro, i Magretti con gocce di cioccolato costano il 19% in più rispetto alla versione con orzo e mais.
La strategia di proporre prodotti simili, ma in formati diversi è evidente anche in questo esempio di Gran Pavesi. La confezione sulla sinistra color azzurro riguarda Le sfoglie ricetta classica: 180 grammi e un prezzo di vendita 2 euro. Ma se volessimo acquistare l'alternativa con olive? In questo caso la confezione sembra apparentemente uguale alla precedente, così come il prezzo (2,20 euro). Peccato che il contenuto sia inferiore di 30 grammi: in questo modo il prezzo al chilo supera i 14,60 euro, facendo risultare il prodotto più caro del 32% rispetto alla versione classica.
Il secondo caso riguarda gli stessi prodotti venduti in formati diversi, a seconda del punto vendita. Questa modalità non permette al consumatore di fare valutazioni univoche e di comparare in maniera efficace i prezzi di uno stesso articolo. Per alcuni prodotti come bibite, ma anche detersivi, ammorbidenti e prodotti per l'igiene personale (per esempio gli assorbenti), possono essere presenti in assortimento formati differenti a seconda delle insegne dei supermercati. Quindi spesso si è costretti ad acquistare una confezione più piccola perché l'unica disponibile nel punto vendita visitato, mentre per approfittare di una confezione con una quantità maggiore di prodotto (e un prezzo al chilo o al litro più basso) bisogna recarsi in un altro supermercato. In questo la scelta del punto vendita, come dimostra anche l'ultima inchiesta Altroconsumo sui supermercati più convenienti, è fondamentale per risparmiare sulla spesa di tutti i giorni.
Bisogna considerare che sugli scaffali è possibile trovare anche formati specifici e differenti per i multipack in promozione speciale. Tra i casi segnalati dalla community degli ACmakers troviamo il Caffè Segafredo classico in polvere. Se acquistiamo un singolo pezzo, sugli scaffali troviamo confezioni da 250 grammi. Il multipack che possiamo trovare nei punti vendita contiene invece 4 singole confezioni di caffè da 225 grammi ciascuno: un formato che non permette un confronto efficace né di valutarne la reale convenienza. Uno degli esempi più comuni riguarda i detersivi liquidi. Se si sceglie di acquistare un singolo flacone, le etichette hanno un'indicazione chiara dei lavaggi contenuti all'interno. Le cose cambiano, però, quando si acquistano i multipack da 3 o 4 flaconi che risultano più piccoli e, di conseguenza, garantiscono un minor numero di lavaggi. Vediamo l'esempio di Dixan.
A titolo di esempio, prendiamo il Dixan liquido classico che vediamo nell'immagine. Il detersivo è generalmente presente sugli scaffali in formato standard da 1,350 litri, per un totale di 27 lavaggi. Lo stesso prodotto è però spesso presente nell'area delle offerte dei supermercati in versione multipack con 3 o 4 flaconi (spesso all'interno di una scatola) a un prezzo che apparentemente può risultare allettante. Peccato che, anche in questo caso, i singoli flaconi contenuti nella confezione siano decisamente più piccoli (in genere da 24 lavaggi), il che rende un'impresa confrontare i due prezzi. Come visto anche negli esempi precenti, il consumatore si trova così disorientato davanti a formati, confezioni e prezzi diversi che non l'aiutano a valutare l'acquisto in maniera consapevole.
Al netto di una logica di assortimento dei singoli negozi, sembra che questa modalità finisca per "stordire" il consumatore rendendo difficile effettuare una comparazione dei prezzi di singoli prodotti, quindi di compiere scelte pienamente consapevoli.
Uno dei casi più segnalati riguarda Barilla. Una confezione del formato classico di fusilli (500 grammi) costa 0,99 euro, mentre una di integrali arriva a 1,29 euro. Se invece si sceglie la nuova linea "Al bronzo" è possibile trovare solo confezioni da 400 grammi (100 grammi in meno rispetto alle versioni precedenti) al prezzo di 1,35 euro.
Confezioni diverse per i formati speciali. Acquistando un pacco di Gocciole Caramel il rischio è di spendere fino al 116% in più rispetto alla ricetta classica (500 g.), pagando i biscotti nella variante al caramello oltre 9 €/kg, con 200 grammi di prodotto in meno.
Un altro caso riguarda i biscotti Krumiri classici (Bistefani). Rispetto al 2018 il prezzo a confezione è rimasto invariato (circa 1,80 euro), ma il peso si è ridotto di 10 grammi, passando da 300 a 290 grammi. Il prezzo al kg sale da circa 6 euro a quasi 6,20 euro.
Ci sono poi i prodotti venduti in formati diversi, come le Dash Allin1Pods. A seconda del punto vendita, è possibile acquistare confezioni da 25, 26 o 27 lavaggi. Questa modalità non permette al consumatore di fare valutazioni univoche e di comparare in maniera efficace i prezzi di uno stesso articolo, proprio a causa dei formati differenti.
Uno dei casi più segnalati riguarda Barilla. Una confezione del formato classico di fusilli (500 grammi) costa 0,99 euro, mentre una di integrali arriva a 1,29 euro. Se invece si sceglie la nuova linea "Al bronzo" è possibile trovare solo confezioni da 400 grammi (100 grammi in meno rispetto alle versioni precedenti) al prezzo di 1,35 euro.
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C'è un modo per difendersi da questo fenomeno? Un'arma che possiamo utilizzare è l'attenzione. Quando siamo al supermercato è sempre bene valutare il formato del prodotto che stiamo per acquistare, cioè il peso o il volume, e controllare il prezzo al kg o al litro, così da capire effettivamente quanto stiamo spendendo in proporzione alla quantità di prodotto che mettiamo nel carrello. Le promozioni speciali o i pacchi in formato famiglia possono essere un'alternativa per chi vuole risparmiare, ma è sempre bene valutarne l'effettiva convenienza considerando il prezzo al kg o al litro, oltre che la corrispondenza delle quantità di prodotto alle reali necessità di consumo.
Il fenomeno della shrinkflation impatta ancora una volta sulle tasche dei consumatori italiani, riducendo così il loro potere d'acquisto. Un ulteriore fattore che pesa in un momento in cui in tanti fanno già i conti con il rincaro generalizzato dei prezzi al consumo. Per questo Altroconsumo ha lanciato una petizione per dire no al caro-spesa: chiediamo alla politica di vigilare sui rincari e di varare .al più presto misure concrete e prioritarie.
Firma per dire no al caro-spesa
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