Assorbiamo 5 grammi di microplastiche a settimana. Dalla placenta all’acqua, così ci avveleniamo- Corriere.it

2023-03-23 15:14:04 By : Ms. Ava Qiu

«Ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai». Se la Genesi fosse stata scritta oggidì, la frase sarebbe differente. Vi state domandando il perché? Semplice, l’uomo non è più solo polvere: è anche microplastica. Dalla placenta all’acqua che beviamo, non esiste posto in cui tale materiale non si sia insinuato. Cinque grammi di plastica finiscono nel nostro stomaco ogni settimana ed è come se ingerissimo una carta di credito ogni sette giorni. Le conseguenze di tale pervasività intimoriscono gli esperti. Tuttavia, l’adozione di scelte consapevoli, a partire dalla decisione di bere acqua da rubinetto, può far la differenza.

L’inquinamento da microplastiche riguarda ormai ogni aspetto della nostra vita: ridurlo si può, ma occorre fare attenzione a molte cose, a cominciare dall’acqua potabile da rubinetti e bottiglie Pet e dagli imballaggi di cibo e acquisti vari. Lo afferma un dossier di Scientific Reports. E dal 1 gennaio 2023 è scaduto il termine per recepire il regolamento Ue sulla qualità delle acque destinate al consumo umano

Il mese di gennaio 2023 ha, infatti, segnato il termine ultimo per il recepimento della Direttiva UE 2020/2184 relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano . Le microplastiche rappresentano, come noto, polimeri sintetici e semisintetici di grandezza compresa tra 1 μm e 5 mm. Si tratta di particelle inquinanti che, a dispetto delle loro esigue dimensioni, trovano diffusione in tutti gli ambienti , specialmente quelli acquatici. Il basso costo, la resistenza ai processi degradativi (di tipo perlopiù termo-ossidativo) e la facilità di produzione hanno favorito l’accumularsi di tali residui sul Pianeta, mettendo così a rischio l’esistenza di interi biomi. Stando a uno studio pubblicato su Scientific Reports, il solo atto di apertura degli imballaggi plastici può determinare un incremento della quantità di microplastiche disperse nell’ambiente . E se si pensa al packaging di gran parte dei prodotti ad uso alimentare e non, l’emergenza è presto intuibile.

Non tutte le microplastiche, poi, sono identiche: una classificazione dell’ISS le suddivide in primarie e secondarie. Le prime sono prodotte in maniera intenzionale nel campo chimico-cosmetico (trucchi, detergenti, dentifrici, paste abrasive, fertilizzanti), le seconde derivano invece dall’usura, deterioramento e frammentazione di materiali plastici di dimensioni maggiori (bottiglie, buste, tessuti, copertoni). E son proprio quelle secondarie, per l’81% del computo totale, a contaminare i nostri oceani e ad accedere, indirettamente, alla catena alimentare. Non solo gli oceani: pure gli alvei fluviali, i sedimenti d’acque dolci, le falde acquifere e l’aria inalata ne sono pieni. Aggrava lo scenario, inoltre, la scarsa fiducia accordata dagli italiani all’acqua “del sindaco”: lo studio “Libro Bianco”, pubblicato da Fondazione Veronesi a luglio del 2022 , spiega che soltanto il 29.3% delle famiglie del Belpaese si disseta con l’acqua da rubinetto. Un po’ di aritmetica: una famiglia media di 4 persone, che beve quotidianamente acqua in bottiglia, richiede in un anno ben 72 kg di plastica. Soddisfare una simile necessità equivale ad utilizzare, a sua volta, 137 kg di petrolio e ad emettere di 242 kg di anidride carbonica.

Bere l’acqua giusta

La Direttiva UE 2020/2184 prende quindi in esame «la necessità di sviluppare strategie di monitoraggio e prevenzione incentrate sull’analisi di rischio sito-specifica, al fine di garantire la salubrità delle risorse idriche e, simultaneamente, prevenire e controllare un potenziale stato di inquinamento originato da parametri relativi a contaminanti emergenti, come le microplastiche, non attualmente regolamentati». La direttiva stabilisce, dunque, «una metodologia per identificare e gestire i rischi di qualità nell’intera catena di approvvigionamento idrico» e «un elenco di controllo di sostanze emergenti come le microplastiche o gli interferenti endocrini» tra cui il Bisfenolo A (un estrogeno teratogeno contenuto in molte plastiche, neurotossico e con possibili effetti nefrologici). In attesa del recepimento pieno della nuova normativa comunitaria, che auspica una «riduzione del 17% dell’uso di acqua in bottiglia di plastica, con un risparmio stimato in 600 milioni di euro» , possiamo dire subito addio alle bottigliette d’acqua. Di cui l’Italia è il secondo paese al Mondo per consumo.

di Andrea Federica de Cesco

Un’alternativa valida è rappresentata dai moderni sistemi di filtrazione con cui è possibile migliorare ulteriormente, organoletticamente e in termini di purificazione, l’acqua dell’acquedotto . Soluzioni di questo genere, disponibili per uso domestico ma anche per le aziende e l’ambito ristorativo, sono proposte da Culligan, realtà specializzata nel trattamento delle acque, ad esempio con “Aqua-Cleer SLIM”: un depuratore d’acqua a osmosi inversa dal design compatto, collocabile in ogni cucina, che consente di avere acqua leggera e priva di elementi indesiderati direttamente dal rubinetto di casa. Caratteristiche e proprietà similari sono garantite anche dagli erogatori della linea “Selfizz”, che oltre alla sicurezza e alla salubrità dell’acqua, permettono di avere a disposizione anche acqua a temperatura regolabile, e frizzante. Un toll reso disponibile dalla ditta Culligan permette di misurare la responsabilità ecologica sulla base del consumo annuo di bottigliette. Combattere le microplastiche, preservando così la propria salute, diviene facile come bere un bicchier d’acqua (dal rubinetto).

di Milena Gabanelli e Massimo Sideri